Genetica della forma della corteccia studiata con MRI
DIANE RICHMOND
NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 21 marzo 2020.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia).
Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società,
la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
L’esplosivo sviluppo cerebrale che ha portato nella filogenesi dal piccolo encefalo
degli ominidi protoumani al nostro, caratterizzato da una neocorteccia la cui
superficie dispiegata coprirebbe il pavimento di una stanza, costituisce il più
rapido cambiamento conosciuto nell’evoluzione animale. Le caratteristiche
strutturali, il significato funzionale e l’origine del complesso ripiegamento del
manto corticale o pallio nelle circonvoluzioni della superficie dell’encefalo
hanno da sempre affascinato neuroanatomisti,
neurofisiologi, neurobiologi, neuroembriologi, neurologi,
antropologi, psicologi e studiosi di altre branche delle neuroscienze, tanto da
motivare una mole di ricerche che oggi costituisce un imponente corpus di
nozioni e dati.
Eppure, dopo un avvio promettente, gli studi volti alla comprensione dei
meccanismi che determinano la formazione e la configurazione delle
circonvoluzioni della corteccia cerebrale umana, con il suo schema principale
costante e i suoi repertori di variazioni minori, sono giunti in una fase di
stallo.
Anche se sono stati elaborati modelli in grado di spiegare in chiave
meccanica i movimenti embriogenetici che danno luogo, attraverso il
ripiegamento, ai vari aspetti della conformazione della struttura corticale nel
suo insieme, rimangono ancora numerosi problemi irrisolti. Le pieghe
stereotipate in specifiche localizzazioni possono essere spiegate da un corrispondente
pattern anatomico di influenze genetiche sull’embriogenesi, ma in realtà
nessuna evidenza diretta supporta ancora questa spiegazione.
Aaron F. Alexander-Bloch e colleghi hanno impiegato la risonanza magnetica
cerebrale ad alta risoluzione (HR-MRI, da high resolution
magnetic resonance imaging)
per dimostrare l’esistenza di tali pattern di influenza genetica sulla
morfologia.
(Alexander-Bloch A. F., et
al. Imaging local genetic influences on cortical folding. Proceedings of the National Academy of
Science USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1912064117, 2020).
La provenienza
degli autori è prevalentemente la seguente:
Department of Child and Adolescent Psychiatry and Behavioral Science, Children’s
Hospital of Philadelphia, Philadelphia, PA (USA); Department of Psychiatry, University of
Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); National Institute of Mental Health, Bethesda, MD (USA);
Department of Biostatistics, Vanderbilt
University, Nashville, TN (USA); Department of Bioengineering, University of
Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); Department of Neurology, University of
Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); Department of Biostatistics, Epidemiology
and Informatics, University of Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); Department
of Genetics, University of Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); Department of
Psychiatry, Yale University School of Medicine, New Haven, CT (USA); Department
of Psychiatry, University of California at Los Angeles (UCLA), Los Angeles,
California (USA).
Per introdurre il lettore non
specialista dell’argomento, si riportano due brani da un nostro aggiornamento
precedente:
“Fin dall’antichità la superficie del cervello
ha attratto l’attenzione per il suo aspetto complesso dovuto al ripiegamento
non casuale della parte più esterna della sua struttura: il manto corticale o
corteccia cerebrale. Alcune intuizioni sulle sue funzioni si possono reperire
già nel cosiddetto “Papiro Chirurgico di Edwin Smith” databile intorno al
Ben presto
si è compreso che il complesso disegno caratterizzato da sporgenze e rientranze
è dovuto alla costrizione nello spazio del neurocranio di un tessuto
specializzato che, qualora fosse disteso, occuperebbe una superficie tre volte
più grande di quella di cui dispone; tuttavia fino ad oggi gli eventi causali
che determinano il formarsi delle circonvoluzioni sono rimasti ignoti.
In
termini evoluzionistici sembra che il ripiegamento sia stata la conseguenza
obbligata di un’espansione rapida e di gran lunga eccedente la possibilità di
incremento di volume della scatola cranica. Ricordiamo che il biologo J. B. S. Haldane per primo notò che lo straordinario incremento di
dimensioni del cervello umano è la più rapida trasformazione evolutiva
conosciuta. Infatti, l’evoluzione da Australopithecus a Homo
habilis e quella da Homo habilis a Homo sapiens, si stima che siano avvenute in un arco di tempo che
va da 1 milione a 1 milione e 250.000 anni, ossia da
Gli studi
di anatomia descrittiva del passato avevano riconosciuto e caratterizzato delle
costanti morfologiche che hanno suggerito ai ricercatori dei nostri giorni
un’importante traccia: il ripiegamento non è casuale, ma forma un disegno
globalmente definito derivante da necessità biologiche e vincoli comuni. Se
questa configurazione è progressivamente divenuta programma genetico, ciò non
deve portarci a sottovalutare il ruolo delle componenti epigenetiche nel corso
dell’evoluzione.
Recenti
scoperte hanno dimostrato che la tensione meccanica fra neuroni crea le
condizioni perché alcune parti siano attratte verso la profondità ed altre
spinte a sollevarsi verso l’alto. È anche emerso che una rete di fibre nervose
esercita una trazione sulla plastica struttura del manto corticale in formazione
durante l’embriogenesi, di fatto determinandone la iniziale plicatura.
Sembra che questa stessa rete, nel corso della vita, assicuri il mantenimento
della configurazione definitiva e si ritiene che alterazioni di questo network strutturale, sia per alterazioni
dello sviluppo che per disturbi acquisiti nell’età adulta, possano avere
conseguenze sulla forma del cervello e sulla comunicazione fra le cellule.
La conoscenza
dei processi che determinano la morfogenesi macroscopica del manto corticale
non si limita a soddisfare una pura curiosità anatomica, ma promette di fornire
strumenti utili per la comprensione di alcuni aspetti di patologie quali
l’autismo e gli altri disturbi pervasivi dello sviluppo.”[3]
Dallo
stesso aggiornamento si estrae una parte ancora attuale sui rapporti tra
caratteri morfologici macroscopici della corteccia e psicopatologia,
conservando la veste editoriale originale per paragrafo e sotto-paragrafi:
“Simulazioni al computer suggeriscono che le
conseguenze dell’azione meccanica del ripiegamento sulla morfologia
microscopica hanno anche ripercussioni sulle funzioni delle singole cellule.
Infatti, poiché lo spessore corticale è maggiore nelle circonvoluzioni rispetto
ai solchi, i dendriti dei neuroni della profondità dei giri costituiscono, per
il segnale in entrata, percorsi fino al corpo cellulare molto più lunghi di
quelli delle ramificazioni riceventi delle cellule nervose del fondo dei
solchi, dove la corteccia è più sottile. La differente estensione del percorso
si riflette verosimilmente in una differenza temporale dendriti/soma che
dovrebbe condizionare i tempi di scarica secondo un profilo topografico[4].
Questa ed
altre differenze desunte dal modello, dovranno essere sottoposte a verifica
sperimentale, registrando l’attività elettrica di singoli neuroni corticali nei
territori-campione (sommità delle circonvoluzioni, fondo dei solchi, montanti
dei giri, ecc.) e confrontando i risultati di cellule nervose omologhe,
conformate diversamente per la loro sede[5].
Nel
complesso, questi studi relativi all’influenza delle connessioni sulla
morfologia e le funzioni corticali, hanno fornito nuovi elementi alla ricerca
sui rapporti fra struttura cerebrale e manifestazioni di patologia, quali le
psicosi schizofreniche e l’autismo.
5. UN
LEGAME CON
Poiché è
stata più volte rilevata l’esistenza di chiare differenze nel disegno della
superficie corticale fra persone normodotate e persone affette da disturbi psichici
che si fanno risalire allo sviluppo, si è ipotizzato che la perdita del
fisiologico rapporto meccanico fra connessioni e circonvoluzioni, possa avere
un ruolo patogenetico.
5.1. Schizofrenia
e psicosi correlate. La ricerca che esplora questo legame potenziale è
ancora nelle sue fasi iniziali, ma un elemento comune è emerso dal lavoro di
numerosi gruppi di ricerca in questi ultimi anni: nel suo complesso, il
cervello di pazienti diagnosticati di schizofrenia, presenta un numero minore
di circonvoluzioni di quello delle persone non affette. L’interpretazione di
questo dato rimane però controversa, perché le presunte aberrazioni
morfologiche che giustificherebbero un legame fra struttura e funzione
alterata, variano enormemente da caso a caso. Ad oggi, sembra si possa
escludere l’esistenza di un’alterazione corticale patognomonica della
schizofrenia, ma anche l’esistenza di segni diacritici certi[7]. Con
certezza si può solo affermare che il cervello degli schizofrenici differisce
dal prototipo in cui rientrano tutti i cervelli delle persone normodotate.
Al
livello microscopico, lo studio delle differenze nelle caratteristiche e nella
composizione cellulare degli strati corticali non deve essere sottovalutato,
anche se il miglior antecedente di questo genere di correlazioni non riguarda
un disturbo psichiatrico, ma una disabilità dell’apprendimento, quale la dislessia. Negli anni Settanta, infatti,
il neurologo Albert Galaburda della Harvard Medical School rilevò che i neuroni piramidali, ossia le
cellule costituenti il principale sistema di comunicazione della corteccia, nei
dislessici risultavano spostati dalla sede che normalmente occupano nelle
lamine corticali, proprio in corrispondenza di aree legate al controllo del
linguaggio e della funzione uditiva.
L’identificazione
di un profilo di alterazione citoarchitettonica della
schizofrenia non sembra facile, tuttavia nel cervello degli schizofrenici sono
già state documentate delle aberrazioni nella densità neuronica degli strati
corticali di vari territori del lobo frontale.
Si può
ipotizzare che l’alterata distribuzione dei neuroni corticali precluda lo
sviluppo del normale pattern di
connessioni e, in tal modo, preceda e condizioni la formazione delle sinapsi
anomale ritenute la principale origine delle manifestazioni sintomatologiche.
5.2. Il
Disturbo Autistico. Il disturbo pervasivo dello sviluppo, spesso definito
autismo o autismo infantile, è stato messo da tempo in rapporto con alterazioni
delle circonvoluzioni cerebrali. In particolare, nel cervello di coloro che ne
sono affetti, alcuni solchi appaiono più profondi e il loro disegno si
discosta, sia pur lievemente, da quello fisiologico (Note e Notizie 14-10-03 Autismo: mappa in 3D dei solchi corticali
realizzata per la prima volta). Proprio queste evidenze hanno supportato il
progressivo affermarsi di una visione nuova della patogenesi di questa sindrome
che, attualmente, è considerata il risultato di un’alterazione delle principali
connessioni strutturali. Numerosi studi funzionali del cervello autistico hanno
infatti dimostrato una riduzione della comunicazione fra aree distanti ed
un’accentuazione dei collegamenti funzionali fra aree prossime.
Questo
filone di ricerca ci sembra importante, soprattutto perché ci ricorda che
un’alterazione psichica è sempre una disfunzione dei sistemi neuronici, anche
se la ricerca molecolare delle cause e lo studio farmacologico dei trattamenti,
porta spesso a descrivere e persino a concepire i disturbi mentali come
semplici squilibri neurochimici[8].”[9],[10]
Riprendiamo, ora, lo studio di
Aaron F. Alexander-Bloch e colleghi che hanno cercato di decifrare, mediante
MRI ad alta risoluzione, i processi sottostanti il folding
della corteccia cerebrale umana, e in particolare se e come le SPGI (spatially patterned genetic influences)
contribuiscano a determinare disposizione e spessore delle circonvoluzioni.
Per dimostrare l’esistenza di tali pattern
di influenza genetica, e in particolare il loro ruolo nel determinare l’entità
dello spessore della corteccia cerebrale nei solchi e nelle pieghe come nelle
parti sporgenti del pallio, i ricercatori hanno utilizzato la previsione che le
influenze genetiche condivise durante lo sviluppo creano co-variabilità
dello spessore corticale nella neuroanatomia dell’adulto.
Ecco quanto emerso dalla
elaborazione dei dati, per il cui dettaglio si rimanda al testo integrale del
lavoro originale: anatomicamente la co-variabilità locale nello spessore
ha basi genetiche, è simmetrica tra i due emisferi, mostra
coerenza tra banche dati indipendenti, e può influenzare gli schemi di
configurazione del ripiegamento di superficie della struttura più esterna
del cervello umano.
L’autrice
della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la
correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di studi di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
Diane Richmond
BM&L-21 marzo 2020
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La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla
International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle
Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale
94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1]
Haldane J. B. S., On being the right size.
Oxford University
Press, London 1986.
Attualmente
altri studiosi di paleoantropologia hanno proposto stime numeriche diverse, ma
la sostanza rimane la stessa.
[2] Vogliamo solo di passaggio fare
riferimento a tesi avanzate negli ultimi vent’anni da Peter Wheeler in Gran
Bretagna, Konrad Fialkowski in Polonia e Dean Falk
negli USA, secondo i quali l’assunzione della stazione eretta, modificando la
risposta allo stress da calore
solare, avrebbe creato condizioni nel flusso ematico in grado di fare aumentare
i neuroni della corteccia che, espansa, sarebbe riuscita a disperdere il calore
(fatale per neuroni e glia) agendo da radiatore
cerebrale. Accolta inizialmente come una delle tante trovate “eccentriche”
in cui ci si imbatte in questo campo, l’ipotesi, suffragata da numerosi studi,
è attualmente accettata da molti. L’aumento di neuroni -per questa necessità di
adattamento- nella struttura preposta al livello più alto di controllo avrebbe
poi facilitato lo sviluppo delle funzioni psichiche umane.
[3] Note e Notizie 21-02-09 LA CORTECCIA CEREBRALE – Origini e conseguenze
della sua configurazione. (Prima Parte).
[4] Si veda p. 59 di Hilgetag C. C. & Helen Barbas,
Sculpting the Brain, Scientific American 300 (2), 56-61, 2009; e l’articolo del 2006 su PLoS
[5] Uno studio neurofisiologico di
questo genere non è stato ancora compiuto e, a conoscenza di Hilgetag, Barbas e di chi scrive,
non è attualmente in corso in alcuno dei laboratori più noti.
[6] Nel 1825 un famoso anatomista,
Franz Joseph Gall, pubblicò la sua teoria degli organi mentali che chiamò Organologia – poi ribattezzata
frenologia da Johan Kasper Spurzheim – nella quale si
postulava la ripartizione del cervello in un certo numero di organi mentali
indipendenti, che corrispondevano ad istinti e facoltà, quali l’istinto di
riproduzione, l’amore per la propria progenie, il senso del linguaggio, il
gusto per le risse e i combattimenti, ecc. (Vedi “Alfred Binet
e l’eredità di Gall”, relazione su neurobiologia e
neuropsicologia del senso dei numeri,
tenuta al “Cognitive Science Club” il 22 settembre 2002, e rielaborata per il
“Seminario sul senso dei numeri” della Società Nazionale di Neuroscienze
BM&L-Italia nel marzo 2003. Il testo è a disposizione dei soci per la
consultazione).
[7] Questo dato sembra concordare con
l’insegnamento della nostra scuola che, facendo propria una tesi sostenuta da
Giuseppe Perrella già tre decenni or sono, ha spostato l’attenzione
sull’organizzazione funzionale microscopica del cervello degli psicotici. In
particolare, si ritiene che le alterazioni strutturali e funzionali delle
psicosi non secondarie, vadano ricercate prevalentemente nel disegno generale
delle connessioni, al livello delle sinapsi e nelle funzioni dei singoli
sottosistemi, studiando le anomalie cellulari e molecolari. Un altro aspetto
importante del rapporto fra dato anatomo-patologico ed espressione clinica
delle psicosi è dato dalla costante osservazione di manifestazioni dello stesso
tipo per condizioni cerebrali diverse. Fin dagli anni Ottanta il nostro attuale
presidente ha sottolineato la caratteristica dei quadri di patologia psicotica
di presentarsi come stereotipi disfunzionali, primitivi o secondari; in
proposito si pensi ai casi descritti da Silvano Arieti, come quello del
paziente schizofrenico che all’autopsia rivelò un grande glioma del lobo
frontale. Cause diverse possono determinare identici quadri psicotici; questo
aspetto è una traccia per indagare su una sorta di “reazione globale” del
“sistema encefalo” che, quando va oltre un certo grado di gestibilità delle
sotto-componenti alterate, si scompensa secondo stereotipi fisiopatologici, che
danno luogo alle varie espressioni cliniche caratteristiche delle psicosi.
[8] In molte trattazioni
divulgative, ma anche in alcune sintetiche descrizioni concepite per fini
didattici, sembra quasi che le alterazioni di recettori e trasmettitori non
avvengano nel sistema più complesso che si conosca in natura, ma in un vaso di
soluzioni in equilibrio chimico.
[9] Note e Notizie 28-03-09 LA CORTECCIA CEREBRALE – Origini e conseguenze
della sua configurazione. (Sesta Parte).
[10] Cfr. Note e Notizie 26-01-19
La corteccia cerebrale del neonato rivela gli schemi di conformazione.